1. Introduzione al progetto

Dal 20 settembre al 26 ottobre 2021 l’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena (Istituto storico di Forlì-Cesena) ha pubblicato giorno per giorno, sui propri account di Facebook e Instagram, oltre che sul proprio sito web, le pagine inedite di un diario che Massimo Severi, cesenate allora diciottenne, tenne dal 17 luglio al 29 ottobre 1944. Il contenuto del diario è stato inoltre reso disponibile attraverso una serie di podcast disponibili sulla piattaforma Spreaker e sul canale YouTube dell’Istituto storico.

L’iniziativa ha dato la possibilità, a chiunque lo desiderasse, di ripercorrere – attraverso gli occhi e le parole di un ragazzo – i 30 giorni precedenti e i sei successivi al 20 ottobre 1944, giorno della liberazione della città di Cesena dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista. I contenuti del diario sono stati inoltre corredati da un apparato di documenti e note storico-critiche, redatte per favorire una fruizione più consapevole e informata.

A questo “esercizio di memoria civile”, rivolto a tutta la cittadinanza, si è aggiunta anche una proposta didattica, rivolta alle scuole: 22 insegnanti – con un totale di 24 classi – hanno inserito la proposta nella propria programmazione annuale. L’Istituto ha riservato loro schede di approfondimento, oltre che la possibilità di richiedere interventi in classe e trekking urbani guidati da esperti.

Il progetto – curato e coordinato per l’Istituto di Forlì-Cesena da chi scrive – ha visto l’importante contributo di numerose persone [1]; il ringraziamento principale va rivolto soprattutto agli eredi di Massimo Severi [2], che hanno con grande sensibilità e generosità deciso di rendere pubbliche quelle memorie private, affidandole alla cura scientifica dell’Istituto e condividendole con l’intera comunità cittadina.

Fig. 1. La locandina del progetto.
Fig. 1. La locandina del progetto.

2. Il diario e il suo autore

Massimo Severi nacque il 21 dicembre 1925 a San Mauro in Valle, a poca distanza da Cesena, dove la sua famiglia si trasferì due mesi dopo la sua nascita.

Sua madre, Emilia Crudeli, morì nel 1931, lasciando il marito Amedeo vedovo con quattro figli maschi: Lamberto di undici anni, Giorgio di sette, Massimo di sei e Carlo di quattro mesi. Conseguita la licenza elementare, Massimo iniziò a lavorare in diverse botteghe e piccole aziende locali, frequentando l’Azione cattolica e prendendo parte attiva al vivace gruppo teatrale della sua parrocchia. Poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia, iniziò a lavorare nella farmacia dell’ospedale, prendendo il posto del fratello maggiore, che era stato chiamato alle armi.

Fig. 2. Massimo Severi.
Fig. 2. Massimo Severi.

Negli anni successivi proseguì gli studi, conseguendo il diploma di analista chimico e continuando a lavorare sempre presso la stessa farmacia fino all’età del pensionamento. Massimo Severi si è spento a Cesena il 7 dicembre 2020.

Il diario autografo, conservato dalla famiglia, è stato scritto su un quaderno 15x21 cm, su 126 facciate. La prima pagina porta la data del 3 giugno 1944, l’ultima quella del 29 ottobre successivo. Le prime 19 facciate contengono un riassunto della vita del suo giovane autore, il diario vero e proprio inizia il 17 luglio 1944.

Certo, la giovane età e il ruolo sociale impediscono a Severi di avere accesso a un’ampia mole di informazioni e alla possibilità di decifrarle, come invece avviene, ad esempio, per un cronista come don Leo Bagnoli, che all’epoca affiancava il vescovo e il parroco della cattedrale cittadina [Bagnoli 1986]. Tuttavia, quelli che a prima vista possono sembrare punti di debolezza, a una lettura più attenta si tramutano in evidenti punti di forza: Massimo è un giovane con una fitta rete di relazioni sociali e umane; è attivissimo e in continuo movimento per la città; è curioso e attento, e il suo occhio registra quel che vede con la genuina spontaneità dei suoi diciott’anni. La sua irrefrenabile mobilità ne fa una sorta di “cineocchio” che inquadra la storia ad altezza di ragazzo: se avesse avuto la tecnologia di cui dispongono i suoi coetanei di oggi, la sua esperienza sarebbe stata registrata da una action cam o attraverso un profilo Instagram come quello di Eva stories [3].

Inoltre, nonostante all’epoca fosse in possesso della sola licenza elementare, Massimo si denota come ragazzo dotato di grande curiosità e sensibilità, a suo modo colto: oltre all’impegno nelle attività teatrali in parrocchia, infatti, nei circa quattro mesi in cui scrisse il diario, si contano ben 14 riferimenti a letture, soprattutto romanzi.

Nella sua prosa, seppure con tratti di adolescenziale ingenuità, compaiono in forme spesso toccanti gli stati d’animo di un giovane che vive durante un conflitto devastante: c’è, ad esempio, l’alto degli aerei e di una morte che piove dal cielo, e il basso di una vita che tenta di proteggersi scavando rifugi sotterranei; c’è la rappresentazione di una esistenza che la violenza della guerra aveva spesso ridotto alla sua nuda natura; c’è la durezza di un regime poliziesco reso ancor più feroce nell’imminenza della disfatta.

Ma Massimo non si rassegnò a tutto ciò, e il suo modo di opporsi all’inversione assoluta che ogni guerra rappresenta (il cielo che si fa luogo di morte, e lo spazio sotterraneo e tombale che diventa luogo di vita) o alla regressione verso l’inumano, si espresse non tanto con l’affidarsi alla fede cattolica – che sarà per lui un punto fermo per tutta la vita – quanto piuttosto con un continuo muoversi per la città ferita, che lo porta a correre rischi e a sperimentare anche su di sé la violenza illiberale del fascismo. Massimo, insomma, contrappose l’orizzontalità del suo agire operoso nel mondo degli uomini alla verticalità della sospensione tra vita e morte che in quei tempi era la condizione comune.

Ma c’è dell’altro in quelle pagine ingiallite ma non invecchiate: Massimo, lo si è detto, aveva allora diciott’anni e, al tempo, aveva studiato fino al conseguimento della licenza elementare, eppure ciò è un punto di forza della sua prosa “ingenua”, perché la fa scabra ed essenziale. E anche questa è una forma, ancorché involontaria, di resistenza e di opposizione alla retorica che per un ventennio aveva avvelenato la lingua e la cultura del Paese e, per loro tramite, le menti dei suoi figli attraverso l’asservimento della scuola, senza contare il fatto che, come sempre accade in tempo di guerra, la roboante retorica bellicista del fascismo stringeva allora ancor di più le sue maglie per imbavagliare e falsificare una realtà in sfacelo.

Ma che cosa spinse Massimo a tenere un diario? Nei ricordi familiari, non c’è memoria di altri diari tenuti da lui nel corso della sua vita. E allora perché? La risposta che possiamo provare ad avanzare sta proprio in quelle bombe che piovevano di continuo su Cesena e sulla vita di un ragazzo di diciotto anni, in equilibrio tra la fine dell’adolescenza e l’inizio della maturità. Il senso di precarietà indotto dalla guerra nelle sue fasi culminanti dava dunque forma alle incertezze e alle fragilità che sono proprie di quell’età. Il diario vero e proprio, infatti, come si è detto, è preceduto da pagine in cui il suo autore riepiloga un po’ tutta la sua giovane vita; e non è un caso che esso si interrompa il 29 ottobre 1944, cioè subito dopo la fine del grande spavento e l’inizio del lento ritorno a una faticosa normalità.

Quelle pagine “in presa diretta”, insomma, raccontano il suo personale attraversamento di una “linea d’ombra” avvenuto sotto una pioggia incessante di bombe. E come lui molti altri, allora e oggi – visto che in tante parti del mondo «ancora tuona il cannone».

Se dunque, come si diceva, lo studio del passato nasce sempre dalle domande che rivolgiamo al presente, ecco che ancora una volta queste pagine, anche se vergate 78 anni fa, sanno dialogare con il nostro tempo e con l’adolescente che ciascun lettore è stato o ancora è.

In tal senso, il compito degli istituti storici della Resistenza – in questo caso quello di Forlì-Cesena – è non solo di far dialogare la memoria e la conoscenza del passato con i temi che attraversano il presente, ma, soprattutto, di farlo anche utilizzando i nuovi linguaggi con cui si esprime il presente e di cui si servono i più giovani – nel tentativo di avvicinarli con senso critico alla storia e alle sue lezioni per l’oggi e, soprattutto, per il domani.

3. Il progetto didattico

Il progetto si è svolto su un doppio binario: uno pubblico e uno didattico.

Ogni mattina alle ore 7:00 sui profili Facebook e Instagram dell’Istituto storico di Forlì-Cesena, per 36 giorni, sono state pubblicate le trascrizioni delle pagine del diario di Massimo Severi: la loro lettura ad alta voce, le riproduzioni fotografiche, alcune note storico-critiche e, laddove disponibili, alcuni documenti originali sempre relativi a quanto scritto dal giovane Severi.

Fig. 3. Pagina del diario di Massimo Severi.
Fig. 3. Pagina del diario di Massimo Severi.

Agli insegnanti delle scuole cittadine e della provincia di Forlì-Cesena è stato invece chiesto se desiderassero adottare il progetto nella propria programmazione: a coloro che hanno aderito abbiamo inviato il materiale in anteprima la sera del giorno precedente la loro pubblicazione, aggiungendo, per ogni pagina, una serie di esercizi e percorsi da seguire o da cui semplicemente prendere spunto per impostare la propria attività.

Ecco un esempio riferito alla pagina del primo giorno di attività. Trascrizione dal diario:

Mercoledì, 20 Settembre 1944

Lavoro in un rifugio che dalla mia cantina dovrà arrivare a una chiavica. Si ode sempre il bombardamento. Passaggi di aerei. Alla sera dopo il Santo Rosario al rifugio vengo rastrellato dai Fascisti, condotto al Fascio indi rilasciato.

Note storico-critiche ad integrazione dell’estratto, fornite agli insegnanti:

Già dal 24 settembre 1936, in previsione del conflitto, era stato emanato il regio decreto-legge n.12 con cui si obbligava alla costruzione di un rifugio antiaereo in ogni edificio residenziale di nuova realizzazione e all’adattamento del sotterraneo o del piano terra, per gli edifici già esistenti.

La casa dove abitava Massimo Severi da un lato si affacciava sulla piazzetta Isei, dall’altro su via Mura di Porta Santa Maria. Il fronte in quel momento si trovava a Rimini, che sarebbe stata liberata il giorno dopo, il 21 settembre 1944.

Fig. 4. La casa di Massimo Severi vista da via Padre Vicinio da Sarsina.
Fig. 4. La casa di Massimo Severi vista da via Padre Vicinio da Sarsina.

In prossimità dell’abitazione dei Severi risultano due rifugi: i sotterranei di Palazzo Locatelli (via Isei 11) e quelli di Palazzo Caporali (via Tiberti 10), che è adiacente a Palazzo Locatelli. Quasi certamente, dunque, i due edifici condividevano lo stesso rifugio antiaereo che si estendeva lungo i sotterranei di entrambi i palazzi.

Massimo Severi era membro dell’Azione cattolica, un’associazione laica finalizzata alla collaborazione con le gerarchie ecclesiastiche della Chiesa. Sebbene le sue origini risalgano alla Società della gioventù cattolica italiana, fondata a Bologna nel 1867, essa esordì nel 1905, dopo che rocco Pio X pubblicò l’enciclica Il fermo proposito, con la quale promosse la nascita di una nuova organizzazione laicale cattolica che prese il nome, appunto, di Azione cattolica.

Dal 16 giugno 1944, la sede del Partito fascista repubblicano (“il Fascio”) si trovava presso il Palazzo del Ridotto, dopo che un attentato gappista, nel gennaio dello stesso anno, aveva reso inagibile la sede precedente, sita in corso Gastone Sozzi (allora corso Umberto I).

Massimo, come racconta nel diario, la sera del 20 settembre venne rastrellato e portato nella sede del fascio, una pratica usata dalle forze nazifasciste ai fini della repressione politica, militare e della precettazione al lavoro coatto. Massimo prima di allora aveva già subito altri due fermi: il 21 luglio e il 31 luglio 1944.

Alle classi sono stati infine forniti spunti per la didattica, o meglio degli esercizi, volti a rielaborare le informazioni ottenute, sottoforma di domande del tipo: dove si trovano Piazzetta Isei e via Mura di Porta Santa Maria? Individua altri rifugi antiaerei a Cesena. Quali furono i rapporti tra Azione cattolica e fascismo? Chi erano i gappisti?

Gli studenti sono stati quindi sollecitati ad effettuare ricerche, anche attraverso strumenti digitali messi a disposizione dall’Istituto, come ad esempio Resistenza mAPPe Cesena [4].

Al termine delle pubblicazioni e dei 36 invii giornalieri (strutturati ciascuno come nell’esempio riportato), i docenti partecipanti hanno poi ricevuto una serie di proposte per attività finali, generali e riepilogative, da svolgere con le studentesse e con gli studenti sull’esperienza complessiva.

4. La risposta dei partecipanti

Già dal primo feedback richiesto ai docenti dopo una settimana dall’inizio del progetto era emerso che le modalità di svolgimento adottate erano diverse tra loro: ad esempio, nelle scuole secondarie di primo grado, grazie anche a una maggior disponibilità di ore e di giorni nella stessa classe del docente di lettere, oltre che all’età più bassa degli studenti, si privilegiava una lettura quotidiana svolta insieme; nelle secondarie di secondo grado tendeva a prevalere la delega a una lettura autonoma del testo e a svolgere insieme in classe gli approfondimenti nei due o tre giorni in cui l’insegnante di storia era presente in orario.

Giunti poi al termine delle pubblicazioni, due classi hanno immediatamente aderito alla proposta di un trekking urbano dal titolo Sui luoghi del diario di Massimo Severi, mentre altre hanno preferito attendere di arrivare con il programma allo svolgimento della Seconda guerra mondiale, per riprendere con maggiore consapevolezza gli argomenti del diario.

Quelle prime due esperienze di trekking hanno però già permesso di verificare come l’occasione di ripercorre, identificandoli nella topografia urbana, alcune pagine di quella storia, incrociandole con altri avvenimenti della guerra, della persecuzione e della Resistenza in città, dia maggiore forza narrativa alla lettura e allo studio. A queste esperienze, infatti, le ragazze e i ragazzi (una classe quinta del liceo economico e una terza media) hanno preso parte con l’attenzione e l’interesse che si riscontra sempre sui volti di chi vede parole e fatti studiati prendere forma in spazi e oggetti concreti. Per molti, poi, la passeggiata storica è stata un’occasione per riscoprire o scoprire angoli nuovi della propria città e guardarli in una prospettiva storica.

Infine, abbiamo chiesto ai docenti che avevano usato il materiale da noi fornito di raccontarci la loro esperienza in modo da offrirci spunti per migliorare il progetto, anche in vista dei suoi possibili sviluppi futuri.

Dai materiali pervenuti è emersa una valutazione d’insieme decisamente positiva, espressa in forme quasi sempre molto lusinghiere: gli insegnanti, infatti, hanno trovato nel progetto non solo l’occasione di anticipare o accompagnare lo svolgimento di una parte del programma di storia, ma spesso lo hanno anche inserito all’interno della programmazione di educazione civica valorizzandone gli elementi che ruotano intorno al tema della pace.

In particolare, la 5C indirizzo classico del Liceo Monti, in contemporanea con la partecipazione al progetto, ha svolto un percorso di educazione civica con cui, in collaborazione con Emergency, approfondiva la situazione dell’Afghanistan. Dal tentativo di far dialogare queste due esperienze, l’insegnante ha fatto partecipare la classe al concorso Capire la guerra dalle voci delle vittime civili di ieri e di oggi indetto dall’Associazione nazionale vittime civili di guerra e dal Ministero dell’Istruzione, al quale gli studenti hanno aderito con un video che intreccia le voci di Massimo Severi e di Gino Strada attraverso l’affiancamento di brani del diario del primo e del libro Buskashì del secondo [Strada 2002], mentre sullo sfondo scorrono le immagini di Cesena bombardata e dei civili afghani in perenne stato di guerra.

Pressoché tutti i partecipanti hanno confermato la forza dell’esperienza svolta e sottolineato la sua efficacia nel sottrarre il discorso della guerra (che spesso entra nelle classi attraverso le storie familiari dei nuovi italiani) a una certa astrattezza indotta dalla fruizione quasi sempre filtrata dalla freddezza del medium televisivo.

In alcuni casi poi, come per la 5E indirizzo economico del Liceo Monti, la partecipazione all’iniziativa ha costituito lo spunto per avviare un’autonoma occasione di ricerca, da parte delle ragazze e dei ragazzi, sulla storia e sui luoghi della loro città, sollecitando lo studio e il vaglio di altre fonti (familiari o concordate coi docenti) sempre in relazione con il periodo e il tema affrontati: la guerra di liberazione dall’occupazione nazifascista.

Nell’uso che del diario hanno fatto le scuole il cui programma scolastico non prevede lo studio del Novecento, non è mancata l’attenzione alla riflessione sulla chiave di scrittura autobiografica come mezzo di comprensione di sé e dell’emersione del trauma e degli aspetti relazionali e affettivi. In particolare, le vicende dello sfollamento si sono in alcuni rivelate particolarmente efficaci a far elaborare il tema attualissimo e spesso “caldo” delle migrazioni.

5. Prospettive e sviluppi

Il fatto che l’esito sia stato decisamente positivo ha costituito per l’Istituto storico di Forlì-Cesena uno stimolo a far sì che l’esperienza non terminasse su un binario morto, che è spesso il destino di tante iniziative che vivono nel mondo immateriale dei social media e del World wide web. Per questo ci siamo subito messi al lavoro per prolungare la vita del lungo e faticoso lavoro di ricerca, progettazione e divulgazione attraverso lo strumento (finanziato anche grazie alla partecipazione a un bando comunale) di un quaderno didattico cartaceo da mettere a disposizione delle studentesse e degli studenti dei prossimi anni. Ognuno di essi, infatti, è un futuro cittadino cui vanno sempre rinnovati il racconto e la memoria della tragedia del fascismo e della guerra, e dunque per loro lo sguardo di Massimo Severi continuerà a essere un efficace veicolo attraverso cui studiare la storia generale ancorandola alla storia locale, ma più ancora potrà essere un valido strumento per toccare con mano l’orrore quotidiano della guerra. L’auspicio è infatti quello di aiutarli così a pronunciare il loro definitivo “mai più” a dittature e violenze, che potrebbe, o forse dovrebbe, essere uno degli obiettivi per la programmazione di storia e di educazione civica.

Bibliografia

  • Bagnoli 1986
    Leo Bagnoli, Gli anni difficili del passaggio del fronte a Cesena, Cesena-Roma, Istituto medico psicopedagogico Pio XII – Federazione italiana volontari della libertà, 1986.
  • Balestra 2005
    Maurizio Balestra, Il passaggio del fronte e la Resistenza a Cesena e dintorni, Cesena, Tosca Arci solidarietà, 2005.
  • Burchi 2006
    Pietro Burchi, Diario di guerra, Cesena, Stilgraf, 2006.
  • Strada 2002
    Gino Strada, Buskashì. Viaggio dentro la guerra, Milano, Feltrinelli, 2002.
  • Zucal 1994
    Placido Romano Zucal, Clausura violata, Cesena, Stilgraf, 1994.

Risorse


Note

1. Benedetta Di Bernardo (che ha trascritto il diario); Mattia Brighi (che ha contribuito alla ricerca storica); Giulia Iacuzzi (che ha contribuito all’apparato didattico); Giulia Covino e Marco Ravaioli (che hanno curato la diffusione dei materiali attraverso i canali social dell’Istituto); Vincenzo Morrone e Lucia Bazzocchi (che hanno letto i testi nei podcast).

2. La moglie Ines Casadei, i figli Vittorio, Stefano e Rita.

3. Eva stories è un progetto che racconta il genocidio degli ebrei attraverso l’account Instagram di una ragazza di tredici anni, ispirato alla storia vera di Eva Heyman: https://www.instagram.com/eva.stories/.

4. https://resistenzamappe.it/cesena.