«La digitalizzazione degli archivi è uno strumento di democratizzazione della cultura». Con queste parole, in occasione delle Giornate europee del patrimonio, l’Archivio di Stato di Bologna ha presentato l’iniziativa Adotta un sovversivo, che ha come obiettivo primario quello di favorire il restauro e la digitalizzazione dei documenti presenti nel fondo Persone pericolose per la sicurezza dello Stato conservato presso l’ente.

L’iniziativa si inscrive nel progetto ArtBonus [1], promosso dal Ministero della Cultura, che consente di finanziare interventi di manutenzione, sostegno, restauro e digitalizzazione dei beni culturali tramite erogazioni liberali da parte di istituti e privati, recuperando l’antica tradizione del mecenatismo rinascimentale e strizzando l’occhio al più moderno crowdfunding, ovvero a quella forma di finanziamento partecipativo che consente di formare un legame tra il donatore e il beneficiario, basato su una condivisione di interessi.

La presentazione ha visto la partecipazione di archivisti e storici oltre che del pubblico che per ragioni di sicurezza sanitaria ha potuto assistere all’evento sia in presenza che per via telematica attraverso i canali dell’associazione Il chiostro dei celestini. Amici dell’Archivio di Stato di Bologna.

I relatori hanno illustrato le caratteristiche generali del fondo ponendo l’attenzione su alcuni casi esemplari legati a personaggi non particolarmente noti al vasto pubblico ma estremamente interessanti da un punto di vista storico e politico [2]. Di particolare importanza è stato l’intervento tecnico sulle modalità di conservazione, restauro e digitalizzazione del fondo, obiettivo ultimo dell’iniziativa.

Il fondo Persone pericolose per la sicurezza dello Stato è, infatti, uno dei complessi archivistici maggiormente consultati nelle sale studio dell’Archivio di Stato di Bologna. Trasferito dai locali della Questura nel 2004 e inventariato analiticamente nel 2005, si compone di oltre 360.000 documenti prodotti dal gabinetto di Questura tra il 1872 e il 1983, in cui è possibile leggere delle attività dei cosiddetti “sovversivi”: attivisti politici e persone comuni, considerati moralmente o politicamente pericolose per le istituzioni coeve.

Fig. 1. La locandina dell’iniziativa.
Fig. 1. La locandina dell’iniziativa.

Il fondo è organizzato in 8.644 fascicoli divisi in 223 buste per un totale di tre sottoserie: Radiati, Defunti e Defunti di recente, relative rispettivamente ai sovversivi rimossi dal casellario politico provinciale poiché ritenuti non più pericolosi o politicamente ravveduti, ai sovversivi non radiati e sorvegliati fino al giorno della propria morte ed ai sovversivi defunti in tempi recenti. Ogni fascicolo è dedicato a un singolo individuo, anche se non sono rari i casi in cui è possibile trovare sottofascicoli relativi ad altre persone (solitamente congiunti del sovversivo). La documentazione del fondo, prodotta o raccolta dalle forze dell’ordine nel corso di anni di indagine risulta estremamente eterogenea: a rapporti di polizia, verbali di denuncia, di perquisizione e di arresto si affiancano corrispondenze personali, certificati medici, fotografie, ritagli di giornali ed opuscoli, tessere di partito o di altre organizzazioni considerate sovversive. Si tratta di materiale estremamente delicato, conservato per lungo tempo in locali non idonei, soggetto all’usura del tempo e degli agenti ambientali e, pertanto, da maneggiare con estrema cautela.

Il fondo consente ai ricercatori, ma anche ai curiosi, di avere un quadro d’insieme degli atteggiamenti che le istituzioni dello Stato consideravano pericolosi, ricostruendo il complesso ecosistema dei movimenti politici e sovversivi italiani nel corso del Novecento tramite l’inedita prospettiva dei reparti delle forze dell’ordine deputati alla sorveglianza e, in alcuni casi, alla repressione del dissenso politico.

Lo schedario bolognese fu istituito nel 1872 e rimase attivo fino al 1983, quando l’ultimo fascicolo venne chiuso ufficialmente, sebbene già dal 1945 il suo utilizzo fosse stato fortemente ridotto. Nel corso dei primi vent’anni fu utilizzato come strumento di sorveglianza di persone considerate “moralmente” pericolose: prevalentemente disoccupati, alcolizzati e vagabondi. Ma fu dal 1894 che il complesso archivistico iniziò ad assumere la sua fisionomia attuale: è infatti da questo anno che le autorità di pubblica sicurezza iniziarono a segnalare nello schedario provinciale le attività di internazionalisti, anarchici, repubblicani e socialisti, rispondendo alle necessità del più noto Casellario politico centrale, istituito presso il Ministero dell’Interno proprio in quell’anno e che basava la sua attività sul flusso di informazioni proveniente dalle questure periferiche. Un’autentica “genesi riflessa”, non regolamentata da linee guida precise a livello nazionale ma facente leva sulla necessità, da parte dello Stato, di raccogliere il maggior numero di informazioni riguardanti le attività eversive dei diversi movimenti politici nati alla fine dell’Ottocento. Nel corso dei decenni successivi lo schedario dei sovversivi si è evoluto e si è adattato alle contingenze e ai bisogni del momento: alle attività eversive degli internazionalisti nel primo decennio del Novecento si sono sostituite quelle di antimilitaristi, pacifisti e filogermanici nel corso della Prima guerra mondiale; dei socialisti prima e dei comunisti poi nel corso del cosiddetto Biennio rosso (1919-1920) e, a partire dagli anni Venti, degli antifascisti.

Le attività di schedatura dei sovversivi furono ulteriormente incrementate nel corso del ventennio fascista, in particolare tra il 1923 e il 1944, quando a livello locale furono aperti oltre 6.000 fascicoli (il 72% del totale), con punte massime tra il 1925 e il 1927 come conseguenza dell’introduzione delle leggi “fascistissime”. La natura di tale incremento è ancora oggi materia di studio e di dibattito da parte degli studiosi: se da un lato si sottolinea un possibile aumento delle attività antagoniste della popolazione locale, dall’altro non si può non riscontrare un inasprimento delle attività di sorveglianza e repressione da parte del regime fascista [Arbizzani 1961; Movimento operaio e fascismo 1973; Cavazza 1994; Franzinelli 2003; Sauro 1980; Spada 2021]. Lo schedario risulta utilizzato, con minore intensità, anche dopo la caduta del regime ed è anzi estremamente interessante osservare la comparsa nel fondo di esponenti del fascismo nei primissimi anni dopo il 1945 e di eversivi rossi e neri durante il periodo repubblicano.

Nella sua flessibilità, lo schedario dei sovversivi rappresenta un tassello fondamentale per la comprensione delle modalità di sorveglianza e repressione del dissenso politico nel contesto italiano. Tuttavia, risulta essere, per sua natura, una fonte estremamente faziosa e in alcuni tratti addirittura ingenua. Da una analisi demografica della popolazione sovversiva risulta evidente che, secondo le autorità, la figura dell’agitatore politico rispondeva a una figura maschile, di bassa estrazione sociale, mediocre istruzione scolastica e cattiva condotta morale. Caratteristiche che tradiscono, soprattutto in epoca fascista, il ricorso a stereotipi e banalizzazioni della società italiana. Esemplare è il trattamento riservato alle donne, troppo spesso sminuite nel loro ruolo politico o, addirittura, considerate totalmente incapaci di svolgere una qualsiasi attività in tal senso. In molti casi, le poche sovversive schedate, furono tacciate di essere plagiate da una figura maschile o affette da malattia mentale.

Per queste ragioni è necessario affiancare a questo strumento, studi accurati sul periodo storico che si vuole affrontare, ricorrendo a fonti storiche acclarate, quali documenti ufficiali, giornali e testimonianze di vario genere. La digitalizzazione del fondo verrà effettuata una volta che i documenti di ogni singolo fascicolo saranno debitamente restaurati e predisposti per sopportare il delicato processo di acquisizione telematica. Ciò favorirà l’accesso ai preziosi incartamenti sia da parte di studiosi che di semplici curiosi, garantendo una maggiore consapevolezza sulla storia del movimento sovversivo italiano e dei suoi protagonisti.

Bibliografia

  • Arbizzani 1961
    Luigi Arbizzani, Sguardi sull’ultimo secolo: Bologna e la sua provincia: 1859-1961, Bologna, Galileo, 1961.
  • Cavazza 1994
    Franco Cavazza, Le agitazioni agrarie in provincia di Bologna dal 1910 al 1920, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1994 (ed. or. 1940).
  • Franzinelli 2003
    Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003.
  • Movimento operaio e fascismo 1973
    Movimento operaio e fascismo nell’Emilia-Romagna: 1919-1923, Roma, Editori Riuniti, 1973.
  • Onofri 1980
    Nazario Sauro Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio. Origine e nascita del fascismo bolognese, 1919-1920, Milano, Feltrinelli, 1980.
  • Spada 2021
    Ivan Spada, Il fascismo a Bologna. Storia delle camicie nere all’ombra delle Due Torri (1919-1945), Roma, Red Star Press, 2021.

 


Note

1. https://artbonus.gov.it/.

2. Il video integrale dell’iniziativa è disponibile al link: https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=852996302249105.