Premessa. Un archivio nato per caso

Raccogliere, conservare, selezionare, esporre: questi i tradizionali compiti di un museo. Eppure, il museo oggi è molto di più, e deve rispondere a funzioni complesse. Gli archivi e i centri di documentazione che, sempre più spesso, sorgono nei complessi museali, rispondono all’esigenza di organizzare e conservare i documenti raccolti durante l’attività di ricerca e di divulgazione; ma anche si pongono l’obbiettivo di ampliare i pubblici, aprendosi a studiosi ed esperti, arricchendo così l’offerta per gli utenti.

Per i piccoli musei di comunità la scelta di conservare e ordinare un archivio nasce – anche al di fuori di una coerente progettazione museale – da una necessità pratica: quella di custodire i lasciti e le donazioni di collezionisti, ricercatori locali, appassionati. Fin dalle prime aperture al pubblico del Museo della Resistenza piacentina, nell’aprile 2009, ci siamo resi conto della necessità di raccogliere – oltre ai cimeli della lotta di liberazione, ai certificati, e alle fotografie di partigiani – anche un’altra tipologia di materiale: le memorie dei visitatori. Spesso capitava che le visite si trasformassero in lunghe conversazioni con ex combattenti ma anche con testimoni e con persone comuni che avevano vissuto la guerra. In tutti vi era una grande “fame di parlare”, la speranza che la propria storia fosse ascoltata e anche diffusa, valorizzata. Erano allora per noi, per lo più giovani ricercatori, “storie a perdere”, che sarebbero inevitabilmente scomparse a breve.

Fig. 1. Testimoni al museo. Laboratorio didattico sulle fonti orali. Mino Avogadri “Corsaro” incontra i ragazzi.
Fig. 1. Testimoni al museo. Laboratorio didattico sulle fonti orali. Mino Avogadri “Corsaro” incontra i ragazzi.

Da lì l’idea di dotarsi di una videocamera, di preparare una griglia comune di domande, e di chiedere – a chi volesse raccontarsi – un appuntamento successivo, a porte chiuse. Il risultato di questo lavoro è stato la nascita, quasi casuale, di un archivio digitale che raccoglie decine di storie di partigiani e partigiane, di resistenti e di testimoni dell’epoca. Negli anni, le testimonianze raccolte sono servite nella realizzazione di laboratori per ragazzi e adulti sul tema delle fonti orali, preziose nel costruire nuovi percorsi espositivi fruibili dai visitatori del museo attraverso dispositivi touch screen.

1. A porte chiuse. Far vivere un museo durante una pandemia

Lo scoppio della pandemia, nel febbraio 2020, ha interrotto bruscamente le attività consuete del museo. Gli incontri (con i partigiani, nei luoghi della Resistenza), le visite (che prevedono l’utilizzo di tecnologie touch), i laboratori (con gli oggetti, con i documenti) risultavano impossibili da realizzare. La chiusura totale del museo ha imposto la necessità di pensare a qualche forma alternativa di fruizione del patrimonio, anche in vista della ricorrenza del 25 aprile, che ogni anno viene celebrato con una giornata di iniziative e visite, e che invece, per la prima volta, si prospettava una festa a porte chiuse.

Mentre altri enti si muovevano costruendo visite virtuali, si è pensato di attingere all’archivio digitale per costruire una narrazione corale della Resistenza piacentina che accompagnasse gli utenti per poco più di un mese, dal 15 marzo al 25 aprile, sui canali social (Facebook e Instagram) del museo.

L’iniziativa è stata intitolata Lanci di memoria, riprendendo l’idea dei lanci alleati, che nella primavera 1944, avevano armato e equipaggiato i primi partigiani piacentini permettendo loro di passare da una fase di attesa e vigilanza, all’attacco delle postazioni nemiche [Pigazzini 2014, 72-77]. L’hashtag utilizzato è stato #lacasaèdiroccata, parola d’ordine trasmessa tramite Radio Monteceneri che aveva segnalato il primo lancio alleato in provincia [Prati 1980, 29-32]. Così, ogni giorno alle ore 12, la parola d’ordine annunciava il “lancio” di un breve video della durata di circa un minuto, che illustrasse un aspetto particolare della storia della Resistenza.

La scelta dei video da trasmettere ha seguito criteri tematici, di rappresentatività geografica – cercando di restituire la complessità delle diverse zone della provincia –, di genere e di tipologia di testimone: dai partigiani combattenti, alla cosiddetta resistenza civile, fino agli spettatori di quegli eventi. Parallelamente si è cercato di dare voce alle diverse anime politiche della Resistenza locale, selezionando testimonianze di appartenenti a differenti formazioni e brigate.

2. #lacasaèdiroccata. La Resistenza in pillole

L’iniziativa si è aperta il 15 marzo 2020 con il “lancio” di Alessandra “Sandrina”, incentrato sull’inquadramento di bambini e ragazzi nel regime fascista, per poi, il giorno successivo, entrare nel vivo della narrazione dei venti mesi partigiani, con lo sguardo incrociato di Assunta e Mario sull’8 settembre 1943. I temi trattati sono stati poi: la diserzione ai bandi di chiamata alle armi della Repubblica sociale italiana (Rsi), la nascita del Comitato di liberazione nazionale piacentino (Clnp), gli scioperi del 1943 nelle fabbriche cittadine, il recupero delle armi dalle caserme, il momento della scelta, le azioni contro i presidi della Guardia nazionale repubblicana (Gnr), l’estate delle zone libere, il ruolo delle missioni alleate, l’azione delle “squadre volanti” attive sulla via Emilia.

Si è scelto anche di inserire la narrazione di episodi controversi, come i casi di violenza intra-partigiana, o il dibattito interno alle formazioni sulla giustizia e sulla sorte dei prigionieri tedeschi e fascisti. In questi casi, la necessità di condensare, in un minuto scarso, diversi punti di vista e prospettive, ha imposto un complesso lavoro di montaggio e di selezione. L’esigenza di isolare – all’interno di interviste della durata media di un paio d’ore – pochi secondi di girato, ha rappresentato una delle difficoltà più grandi nella gestione dell’iniziativa. Fondamentali diventavano anche le poche righe di spiegazione inserite a corredo del video, volte a contestualizzare le testimonianze e a mettere a fuoco le tematiche trattate.

Il 20 marzo, il quotidiano locale dedicava uno spazio ai video, dall’evocativo titolo di Museo sempre aperto con i “lanci di memoria” [Paraboschi 2020], con il conseguente aumento delle interazioni con le pagine social del museo.

Il percorso narrativo si è dipanato poi attraverso il ruolo dei partigiani stranieri, la resistenza civile, le staffette, le Sap in pianura, il rapporto delle formazioni partigiane con le popolazioni rurali.

Grande spazio è stato dedicato ai rastrellamenti, scolpiti nella memoria dei combattenti e anche in quella dei civili, che spesso ne erano stati bersaglio, sui quali disponevamo di molto materiale.

Avvicinandosi al 25 aprile, le persone hanno incrementato la condivisione dei video dei “lanci”, magari quelli che vedevano protagonisti un partigiano o una partigiana che avevano conosciuto, o quelli riguardanti la zona o il paese dove abitavano. Parallelamente cresceva la comprensione dell’importanza dell’archivio del museo come archivio digitale di comunità, in grado di mantenere traccia di luoghi, usanze, forme del dialetto che stavano scomparendo ma che rappresentavano patrimoni preziosi di identità locali.

Un altro dei criteri che ha guidato la costruzione del racconto corale è stato ovviamente quello cronologico: il percorso che era idealmente iniziato con l’8 settembre 1943 era destinato a concludersi con i racconti del 28 aprile 1945, con la discesa delle formazioni partigiane a valle e la liberazione di Piacenza. Dopo il capitolo dei rastrellamenti estivi – inseriti nell’operazione Wallenstein – e del grande rastrellamento invernale avvenuto tra novembre 1944 e gennaio 1945, si è passati quindi alla ripresa e riorganizzazione delle formazioni, ai combattimenti che segnarono la progressiva avanzata in pianura, fino appunto alla presa della città e al grande corteo della smobilitazione.

Il percorso si è concluso con il racconto di Renato Cravedi “Abele”, partigiano della 11ª Brigata, relativo all’ingresso dei partigiani in questura e al successivo ritorno a casa, con l’emozione di riabbracciare la famiglia dopo mesi. Il filmato terminava con la rievocazione dell’incontro di “Abele” con il fratello minore Prospero, e le parole «e per me lì è finito tutto, per me è finita la guerra».

A dare maggiore visibilità all’iniziativa ha contribuito l’inserimento nel “corteo virtuale” #RaccontiamolaResistenza organizzato dall’Istituto nazionale Parri con la collaborazione di Paesaggi della memoria, la rete dei musei e dei luoghi di memoria dell’antifascismo, della deportazione, della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e della Liberazione. Città dopo città, il corteo ha idealmente risalito la penisola, anche attraverso la voce di testimonial del mondo della musica, dell’arte, della cultura e del giornalismo.

3. Un bilancio

La gestione e la promozione di un piccolo museo – il suo dialogo con la comunità, la necessità di porsi tra storia locale e storiografia nazionale – ha dall’inizio sollecitato in noi operatori riflessioni, dialoghi, domande. L’essere un luogo ibrido, che conserva molto più di quel che espone, ci ha posto di fronte a diverse sfide. Mentre si avvia a conclusione «l’era del testimone» [Wieviorka 1999], per un museo che ha fatto dell’incontro con i testimoni un forte elemento identitario e marchio di fabbrica, si aprono nuovi rischi e nuove potenzialità.

Nella ricerca di innovativi modi di raccontare, nelle strategie di audience development, l’esperienza dei Lanci di memoria è stata una messa alla prova. Innanzitutto, si è dovuto tradurre eventi storici complessi nel linguaggio dei social, trovare parole d’ordine semplici che condensassero questioni molto profonde, modulare l’utilizzo di emoji per favorire la comprensione del messaggio. Anche contestualizzare l’intensa carica emotiva della fonte orale ha posto davanti ad alcune scelte. Era necessario, infatti, non rimanere confinati al piano del sentimento – pur molto potente ed evocativo – ma passare a quello del ragionamento, ampliando lo sguardo da storie soggettive e fortemente localizzate a quadri più ampi, che rimandassero a nodi storiografici di rilevanza nazionale ed europea.

Mentre la pandemia poneva nuove sollecitazioni anche al mondo della scuola, numerose richieste ci arrivavano da docenti della scuola secondaria che ci chiedevano di utilizzare alcuni “lanci” in progetti di didattica a distanza legati alla storia e alla educazione alla cittadinanza. A loro si è scelto di inviare video appositi, della lunghezza di 15 minuti, che combinassero spezzoni di interviste con cartine geografiche, fotografie e infografiche, e fornito alcuni spunti di riflessione sui quali lavorare con i diversi ordini scolastici.

Parallelamente a domande aperte e problematiche però, il progetto Lanci di memoria ha permesso anche – agli operatori e alle comunità locali – di comprendere la ricchezza e le potenzialità dell’archivio digitale del Museo della Resistenza piacentina, e la consapevolezza del grande interesse che le storie di vita in esso contenute sanno muovere.

Come scrive David Bidussa: «Cosa accade della testimonianza quando scompaiono i testimoni diretti? Restano dei racconti e la capacità o la volontà di attivarli […]. Rimangono le domande, la curiosità, la capacità di osservare, di riflettere, di rappresentare. E rimane il “mestiere di storico”» [Bidussa 2009, 115].

Bibliografia

  • Bidussa 2009
    David Bidussa, Dopo l’ultimo testimone, Torino, Einaudi, 2009.
  • Paraboschi 2020
    Elisabetta Paraboschi, Museo sempre aperto con i “lanci di memoria” su internet, in «Libertà», 20 marzo, p. 26.
  • Pigazzini 2014
    Alessandro Pigazzini, 8 Agosto 1944. Gropparello nella Resistenza, Piacenza, Le Piccole Pagine, 2014.
  • Prati 1980
    Giuseppe Prati, Figli di nessuno. Vita delle formazioni partigiane della Val d’Arda, Piacenza, TEP, 1980.
  • Salustri 2021
    Simona Salustri, Memoria e racconto. Usi pubblici e usi didattici della testimonianza orale, in Le vittime italiane del nazionalsocialismo. Le memorie dei sopravvissuti tra testimonianza e ricerca storica, a cura di Filippo Focardi, Roma, Viella, 2021, pp. 121-140.
  • Wieviorka 1999
    Annette Wieviorka, L’era del testimone, Milano, Raffaello Cortina editore, 1999.

Risorse