1. Storie partigiane

Le storie di Ines Bedeschi, Giacomo Ferrari, Bruno Longhi, Achille Pellizzari, Ferdinando Guerci, che si vanno ad aggiungere a quelle di Giacomo Ulivi e Don Giuseppe Cavalli realizzate durante l’anno scolastico 2014/2015, costituiscono, a tutt’oggi, il patrimonio storico-didattico scaturito dal progetto Vite ritrovate, ideato, progettato e realizzato dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma unitamente a sette istituti scolastici superiori della provincia. Storie partigiane, di donne e uomini che scelsero il fronte antifascista, vicende personali che arricchiscono una storia collettiva ben più ampia e articolata quale fu quella della Resistenza.

Il progetto ha messo in contatto giovani storici e studenti degli ultimi anni delle scuole superiori con la storia della lotta di Liberazione in un'epoca, la nostra, che si colloca tra “l’età dei testimoni” e quella dei “senza memoria”. Fare storia e produrre memoria sono i due obiettivi che hanno segnato il lavoro fin dal suo avvio; la riappropriazione di questo trascorso storico, decisivo per la storia italiana ed europea, è avvenuta attraverso storie individuali ed emblematiche e percorsi soggettivi di adesione al movimento di liberazione, in una diversa modalità di “fare memoria” da parte di chi memoria non ha e non può avere, per motivi anagrafici.

Si è pensato perciò che valesse la pena di ricominciare da capo, di riprendere il narrare storico per rinnovare la memoria – ormai senza testimoni, purtroppo – partendo dalle fonti, decisi a mettere in pratica le conoscenze acquisite in anni di studi universitari e un utilizzo appropriato della documentazione disponibile. Raccolte le fonti, ricostruite le vicende, interpretati i fatti, ognuno dei ricercatori ha messo a disposizione degli studenti delle scuole superiori, in molti casi poco più giovani di loro, la documentazione rinvenuta e l’esito delle rispettive ricerche attraverso una serie di incontri e laboratori dai quali sono scaturiti seminari, letture sceniche e, in ultimo, cinque volumi che raccolgono testi storici, riflessioni, documenti d’archivio, fonti orali, immagini fotografiche e creazioni artistiche utilizzate e realizzate durante l’attività storico-didattica. Un patrimonio di conoscenza e di memoria da condividere con quanti vogliono conoscere.

2. Ines Bedeschi

Ines Bedeschi
Ines Bedeschi
Ines Bedeschi aveva 33 anni quando, nel febbraio 1944, venne catturata dai tedeschi a Parma; da tempo ricopriva un ruolo nei collegamenti tra il Comando unico militare Emilia Romagna e i comandi provinciali. Viveva a Conselice (Ravenna) ma aveva girato l’intera regione in lungo e in largo, prevalentemente in bicicletta. Giunta a Parma nell’estate del 1944 vi si era poi fermata, anche perché lì si trovava il suo compagno, Umberto Macchia, segretario del Partito comunista. Ines sarebbe stata fucilata lungo le rive del Po nel febbraio 1945. Venne insignita di medaglia d’oro al valor militare.

Così ha scritto di lei Francesca Badi:

Questa la storia “pubblica” della vita e della morte di Ines che si intreccia, dopo l’incontro con le nipoti, con la storia privata della staffetta di Conselice. Una storia strettamente annodata alla sua esperienza politica e di lotta: nell’autunno ’43 infatti Ines conosce e si innamora, ricambiata, di Umberto Macchia, inviato in Romagna come ispettore del Pci e ufficiale di collegamento per il comando delle Brigate Garibaldi [...]. Dimensione politica e dimensione personale si intrecciano e si fondono nel nostro percorso di ricerca della vita di Ines. Un importante “non detto”, censurato dalla memoria ufficiale, diventa una chiave di lettura illuminante dei rapporti fra i sessi all’interno della lotta clandestina ma diventa anche occasione per ribaltare la memoria ufficiale e per chiedersi quali motivi hanno portato a “occultare” pubblicamente il legame amoroso tra la staffetta e il segretario del Pci di Parma in quel periodo. [Badi (ed.) 2015]

Per Rebecca Stacchi, studentessa del Liceo classico “G.D. Romagnosi”, «forse non potremo mai ritrovarne la vita, ma di una donna così siamo riusciti a ritrovare il ricordo e questo può bastare per renderle onore come partigiana e come donna. Soprattutto come donna» [Badi (ed.) 2015].

3. Giacomo Ferrari

Giacomo Ferrari
Giacomo Ferrari
Giacomo Ferrari, ormai cinquantasettenne venne, chiamato a ricoprire l’incarico di comandante delle formazioni partigiane parmensi dopo l’eliminazione del Comando unico da parte di un reparto tedesco il 17 ottobre 1944. Giungeva alla guida del movimento partigiano un uomo maturo, che influenzò profondamente la Resistenza parmense con l’attenzione all’azione politica oltre a quella puramente militare. Finita la guerra fu nuovamente chiamato a ricoprire incarichi delicati nella nascente repubblica costituzionale. Comunista dallo scoppio della guerra, proveniente dalle fila socialiste, Ferrari fu senza dubbio per Parma la figura politica più rappresentativa per oltre un ventennio.

Nei volumi di Vite ritrovate, ne ha tracciato un profilo biografico Tommaso Ferrari:

La lunga storia umana e politica di Ferrari sembra raccontare il “secolo breve” vissuto da un italiano illustre. Nato da una famiglia di cultura risorgimentale, Ferrari fu attivo in politica, in seno al Partito socialista, fin da ragazzo. Fu coinvolto in prima persona nel dibattito tra interventisti democratici e neutralisti che divise le sinistre europee. La Grande guerra lo impegnò personalmente e lo colpì negli affetti, come milioni di famiglie del vecchio continente. Prese parte alla prima guerra totale europea. Nel primo dopoguerra fu testimone dell’avvento del fascismo: subì la cultura discriminatoria e violenta del regime, che con metodi liberticidi gli impedì di proseguire la propria attività lavorativa [...]. Ferrari si schierò attivamente con la Resistenza e il suo carisma lo portò, nonostante l’età, a essere eletto Comandante unico della provincia di Parma. Negli anni della guerra fredda fu eletto costituente, senatore e sindaco di Parma con il Pci. Da ministro e da primo cittadino, guidò la ricostruzione dell’Italia e della propria città nel dopoguerra. Sostenne con convinzione l’intervento dell’Armata rossa nel corso della Primavera di Praga nel 1968. Non visse il termine del “secolo breve”, il crollo del regime comunista sovietico e il tramonto del partito per il quale aveva militato, combattuto, lavorato. [Ferrari (ed.) 2015a]

La più grande qualità che Rocco Melegari del Liceo scientifico-musicale “Attilio Bertolucci” individua in Giacomo Ferrari è la forza ideale e morale:

Quando si parla di Giacomo Ferrari bisogna parlare dell’italiano che combatté nella Grande guerra, che dovette subire il regime, che spese se stesso per consegnare ai posteri un’Italia democratica, che diede il suo contributo alla Costituzione, che rimase fedele alle sue idee e ai suoi valori ponendoli sempre prima di tutto. [Ferrari (ed.) 2015a]

4. Achille Pellizzari

Achille Pellizzari
Achille Pellizzari
Anche Achille Pellizzari entrò a far parte del nuovo Comando unico dopo la drammatica scomparsa di quello precedente nell’ottobre 1944, in qualità di Commissario politico. Da Genova era salito sui monti della val Taro per sfuggire all’arresto, ordinato a causa delle sue prese di posizione antifasciste durante i 45 giorni del governo Badoglio. Prefetto del Territorio libero del Taro nell’estate 1944, Pellizzari godette di un’enorme stima tra la popolazione e i partigiani, non solo nella valle ma in tutte le zone controllate dalla Resistenza parmense. Come Ferrari era un uomo maturo, avendo già 62 anni. Intellettuale, schedato come antifascista a causa della sua militanza nel Partito popolare, sarebbe diventato membro dell’Assemblea costituente nel 1946, eletto nelle fila della Democrazia cristiana e infine nominato rettore dell’Università di Genova, dove insegnava letteratura italiana.

Del seguente ritratto è autrice Alessandra Mastrodonato:

Tra il giugno e il luglio del ’44, il professor Prussia – questo il suo primo nome di copertura – contribuisce, così, a determinare l’assetto del territorio libero del Taro, designando i capi delle nuove amministrazioni comunali della valle, provvedendo alle distribuzioni annonarie e riorganizzando i servizi di polizia e di tutela dell’ordine pubblico. Anche in questo difficile frangente, mantiene integro il suo profilo di educatore e uomo di cultura: nel clima della libertà temporaneamente riconquistata, cerca di fare rivivere il respiro dell’Italia pre-fascista, facendosi promotore della stampa e della diffusione del primo giornale libero dell’Italia settentrionale, “La Nuova Italia”, il cui primo numero viene stampato il 13 luglio dalla tipografia Cavanna di Borgotaro. [Mastrodonato (ed.) 2015]

Sara Saccani e Aurora Trevisan, studenti dell'Istituto “Zappa-Fermi” di Borgotaro, individuano nella indispensabile «libertà di pensiero e di critica», costantemente richiamata da Pellizzari nei suoi scritti e nelle sue lezioni, la condizione irrinunciabile per la rinascita democratica dell’Italia, prima e dopo il 1945.

Pellizzari dice che nei “dissenzienti” apprezza “l’ardore della ricerca e l’amore della verità”, poiché non hanno paura di contestare i propri maestri pur di seguire le proprie idee. Essere autonomi significa anche conquistare la libertà di pensiero, ragionare per proprio conto, diventare indipendenti, non limitandosi a seguire l’insegnante, ma cercando di superarlo. Come afferma Pellizzari, dobbiamo diventare “costruttori della nostra cultura”, impegnandoci in prima persona nell’arricchimento del nostro sapere, poiché, se ci accontentiamo di apprendere passivamente le nozioni insegnateci dai nostri maestri, ci trasformiamo “in magazzini di materiali incongrui e disparati”, anziché in persone autonome e consapevoli. [Mastrodonato (ed.) 2015]

5. Bruno Longhi

Bruno Longhi
Bruno Longhi
Bruno Longhi (“Fulvio”) non lasciò mai Parma. Il suo terreno d’azione era il centro urbano e fu lì che operò per la Resistenza fino alla cattura nel febbraio 1945. Morì in cella accanto ai compagni, come lui martoriati dalle botte in seguito alle torture subite.

Longhi – scrive Tommaso Ferrari – divenne responsabile cittadino della sezione Agit-prop, abbreviazione russa per agitácija (agitazione) e propaganda, del Partito comunista. L’Agit-prop si occupava di supervisionare la formazione politica, sfruttare i mezzi di comunicazione ai fini di propaganda e mobilitare militari e cittadini per determinate cause. In genere, a livello locale, gli agitatori erano i principali punti di contatto tra partito e popolazione. Ovviamente in quegli anni l’obiettivo principale della propaganda comunista era quello di reclutare uomini e reperire mezzi per combattere il nazifascismo. [Ferrari (ed.) 2015b]

Altri studenti dell’Istituto tecnico “Leonardo da Vinci” - Pietro Annunziata, Michelangelo Argento, Nicole Boschi, Matteo Malanca, Nicodemo Scilanga - hanno proseguito così il ricordo di “Fulvio”:

Resistere ai soprusi, alle dittature e a chi ci aveva tolto ogni libertà e oggi, a te “Fulvio”, piccolo uomo claudicante, pensiamo quando ci troviamo in difficoltà, ci dai coraggio e voglia di inseguire i nostri sogni e i nostri ideali. Passando per viale San Michele ti immaginiamo presente che ci saluti da uno dei grandi platani e la tua voce esce quando soffia il vento fra le foglie, e sembra dirci: «Non mollate». Ciao “Fulvio”. [Ferrari (ed.) 2015b]

6. Ferdinando Guerci

Ferdinando Guerci
Ferdinando Guerci
Ferdinando Guerci, giovane operaio delle vetrerie Bormioli di Parma, viveva poco lontano dallo stabilimento che rappresentava un luogo di apprendistato lavorativo e politico, come ci racconta Teresa Malice:

La Bormioli, nei quartieri popolari come quello in cui viveva Ferdinando Guerci, ancora suburbano e largamente rurale, nelle campagne veniva da molti vista come primo approdo per un piccolo salario; e infatti quelle stesse aree della città e delle zone limitrofe erano un amplissimo serbatoio per la manodopera. Anche per questo diventò uno dei luoghi simbolo delle rivendicazioni operaie, delle lotte, delle battaglie anche politiche. Guerci ebbe un contatto precoce con questi ambienti della fabbrica negli anni Quaranta. [Malice (ed.) 2015]

Guerci salì sui monti presto, nei primi mesi del 1944, insieme a un gruppo di suoi coetanei, operai e studenti. Rimase a combattere sulle pendici del monte Penna (Bedonia) fino a maggio, quando, dopo un rastrellamento attuato dalle truppe tedesche, si spostò con un gruppo di compagni sul monte Nero, nel piacentino. Con la sua nuova brigata, la futura 59a Brigata Garibaldi, combatté fino alla fine di giugno, quando venne ucciso durante un attacco al centro di Farini D’Olmo occupato dai tedeschi, mentre tentava di portare in salvo un compagno ferito. Sarebbe stato insignito di Medaglia d’oro al valor militare.

Ferdinando Guerci “andò in montagna” per unirsi alla Resistenza con il nome di battaglia di “Caio” – scrive Gabriele Ferrari del Liceo scientifico “G. Marconi” – scelse questa vita lontano da casa, sempre a rischio della vita, in balia della natura e degli eventi perché voleva combattere per quello in cui credeva, ma anche, forse, per dare una svolta radicale alla sua vita. [Malice (ed.) 2015]

Queste cinque vite ora “ritrovate” si sono aggiunte alle due già recuperate nel 2014 [cfr. Malice, Pullara (eds.) 2014; Minardi (ed.) 2014]. Altre seguiranno negli anni a venire, grazie al lavoro di ricerca storica, passando per laboratori didattici, riflessioni collettive e pubblicazioni finali che continueranno a restituire conoscenza e memoria di uomini e donne che altrimenti rischierebbero, a causa del tempo trascorso e delle scarse operazioni di conservazione della memoria dei loro contemporanei, di essere consegnati definitivamente all’oblio.


Bibliografia

Badi F. (ed.) 2015
Ines Bedeschi. Ritrovare un’assenza, Parma: Isrec Parma/Liceo classico “G.D. Romagnosi”
Ferrari T. (ed.) 2015a
Giacomo Ferrari. “Finito il tempo della battaglia comincia il tempo del lavoro”, Parma: Isrec Parma/Liceo scientifico-musicale “A. Bertolucci”
Ferrari T. (ed.) 2015b
Bruno Longhi. Il “tessitore” della Resistenza, Parma: Isrec Parma/Istituto tecnico industriale “Leonardo Da Vinci”
Malice T., Pullara C. (eds.) 2014
Don Giuseppe Cavalli, Parma: Isrec Parma/Liceo scienze umane “A. Sanvitale”,
Malice T. (ed.) 2015
Ferdinando Guerci. Tracce di “Caio”. La Resistenza di Ferdinando Guerci, giovane operaio antifascista, Parma: Isrec Parma/Liceo scientifico “G. Marconi”
Mastrodonato A. (ed.) 2015
Achille Pellizzari. Un educatore nella Resistenza, Parma: Isrec/Istituto di istruzione superiore “Zappa-Fermi”
Minardi M. (ed.) 2014
Giacomo Ulivi. “La giovinezza tenace”. I luoghi e le parole di Giacomo Ulivi, Parma: Isrec Parma/Liceo scientifico “G. Ulivi”