«Come è stato possibile?» è una domanda che costantemente chi partecipa alle attività della Scuola di Pace sui luoghi della strage di Monte Sole rivolge a sé stesso, rivolge a noi, rivolge a chi condivide quel momento di incontro e riflessione. Spesso, se viene fatta in sede di ricostruzione del contesto storico, è una domanda cui seguono molte e diversificate risposte, in cui i/le partecipanti che hanno passato l’adolescenza sfoggiano competenze storiche che li portano non di rado a una disamina delle cause dell’ascesa del nazismo per lo più situate nelle clausole del trattato di Versailles, nelle debolezze insite nella Repubblica di Weimar o nel revanscismo dei veterani della prima guerra mondiale. Spesso, invece, è una domanda che risuona nel silenzio del borgo di Caprara, tra i ruderi di una delle comunità distrutte dalla violenza dei soldati della 16a divisione Reichsführer SS, dopo la lettura delle testimonianze di chi c’era ed è sopravvissuto. Ed è allora che emerge la difficoltà di dare un volto agli “altri”, a coloro che pure si trovavano là in quei giorni, ma che la violenza non l’hanno subita bensì agita. Forte è la tentazione di allontanarli da sé, di vederli come automi, macchine plasmate per eseguire ordini crudeli, esseri “non umani”. Eppure erano esseri umani come noi, e nessun serio lavoro di memoria può permettersi di non indagare i meccanismi che hanno portato “persone comuni”, migliaia di soldati, alcuni dei quali giovanissimi, a considerare l’assassinio di donne, bambini, anziani, civili disarmati, come una legittima azione di guerra. Per dirla col sociologo Harald Welzer: «come uomini del tutto normali diventano massacratori».

La Scuola di Pace ha sempre fatto della riflessione sui perpetratori (termine mutuato nella letteratura scientifica dall’inglese, in mancanza di un corrispettivo per il tedesco “Täter”) una delle imprescindibili tappe del suo lavoro che parte dalla storia di Monte Sole per interrogarsi sul presente e su come molti di quegli stessi meccanismi della violenza agiscano anche oggi. Il grande ostacolo a un lavoro efficace, in questo senso, è la mancanza di informazioni su di essi, che rende difficile il superamento di un approccio all’indagine dalle mere cause della violenza alla fenomenologia della stessa e alle responsabilità individuali nella sua attuazione.

Fortunatamente, negli ultimi venti anni – a partire dalla mostra sui crimini della Wehrmacht Vernichtungskrieg. Verbrechen der Wehrmacht 1941 bis 1944 dell’Hamburger Institut für Sozialforschung – la “ricerca sui perpetratori”, ovvero la corrente storiografica definita Täterforschung, si è sviluppata fino a divenire una disciplina a sé stante, collegata ma indipendente da quella, altrettanto relativamente recente, sulla Volksgemeinschaft – la comunità nazionale, che in Italia arriva con gli studi degli storici Pezzino e Gentile sulle stragi nazi-fasciste. La Täterforschung pone al centro dell’analisi mentalità, motivazioni, biografie, carriere, sistemi di legittimazione e variabili generazionali di coloro che furono attori della violenza nazista.

È in quest’ottica che opera il progetto Die Massaker im besetzten Italien (1943-45) in der Erinnerung der Täter. Le stragi nell’Italia occupata 1943-1945 nella memoria dei loro autori, promosso dal prof. Carlo Gentile dell’Università di Colonia, con il giornalista Udo Gümpel, in collaborazione con la Scuola di Pace. L’obiettivo è quello di sviluppare metodologie, materiali didattici, multimediali e interattivi, sia di lavoro che di studio, insieme a specialisti nel campo della didattica storica e della pedagogia, della storia pubblica. Il progetto – cominciato l’anno scorso e che si concluderà nel 2021 – ha in questo 2020 l’obiettivo di elaborare nuove esperienze educative. Un primo incontro è avvenuto il 2 ottobre scorso, quando il professor Carlo Gentile e la ricercatrice Elena Pirazzoli hanno presentato in anteprima alcuni dei materiali su cui stanno lavorando allo staff di educatori della Scuola di Pace, dando così inizio alla riflessione sulla successiva trasposizione educativa della ricerca. Si tratta di materiali diversi e molto interessanti quali diari di guerra, memoriali scritti in differenti periodi di vita e materiali audio-visivi, tra i quali le interviste effettuate da Udo Gümpel in occasione delle indagini per i processi degli anni 2000 ai criminali nazisti.

Una prima restituzione al pubblico del lavoro sin qui svolto è avvenuta sabato 3 ottobre, in occasione delle commemorazioni per il 76°anniversario degli eccidi di Monte Sole, con due eventi presso il teatro comunale di Marzabotto. Udo Gümpel e Carlo Gentile hanno presentato il progetto e il suo inquadramento storico-sociale nell’incontro Convivere con memorie difficili. Negazione, silenzi e ambiguità nelle famiglie tedesche del dopoguerra. All’incontro ha partecipato anche Nils Olger, regista e autore del documentario Eine Eiserne Kassette - Una cassetta di ferro. La cassetta di cui si fa menzione nel titolo, contenente fotografie e negativi scattati dal nonno del regista, membro della 16a divisione Reichsführer SS, è il “segreto di famiglia” che spinge il regista sulle orme del progenitore, sui luoghi delle azioni belliche e dei massacri di civili del territorio tosco-emiliano. Una indagine personalissima eppure dal portato universale, perché riesce a mostrare i tanti silenzi, le edulcorazioni, le minimizzazioni che fanno parte della storia di quella famiglia austriaca come di tante famiglie di tutta Europa.

Nella stessa serata, a seguito della proiezione del documentario, lo storico Luca Baldissara ha inquadrato gli studi sui Täter nel più ampio quadro di una storia europea della violenza, evitando così di ridurre alle sole specificità tedesche dinamiche che riguardano diversi tempi e luoghi, e che chiamano in causa gli assordanti silenzi italiani sui crimini fascisti e ancor più sui perpetratori italiani nelle stragi e sui vari fronti di guerra.

Il dibattito e l’approfondimento dei temi aperto in quella serata prosegue ora con il seminario internazionale Tra racconti e silenzi di chi c’era. Le nuove generazioni davanti alle responsabilità dei Täter e i traumi delle vittime, che si compone di 4 incontri on line, ogni mercoledì di ottobre, ognuno dedicato a un particolare aspetto. Nella prima sessione si è parlato della definizione delle colpee della consapevolezza del trauma con Carlo Gentile e Gian Luca Luccarini, presidente dell’associazione delle vittime e dei familiari di Monte Sole. L’approfondito excursus sulle vicende processuali in Italia e in Germania, con l’alternarsi della lettura storica e di una che mette al centro le percezioni dei testimoni (delle stragi e nei processi), ha dato il via a un ampio dibattito sulle zone d’ombra, quali la mancata esecuzione delle sentenze dei processi italiani degli anni 2000 in Germania.

Nella seconda sessione Storia orale e traumi familiari è stata esplorata la distanza tra “conoscenza storica” e “pensiero storico” con l’aiuto dello storico Giovanni Contini, a partire dalla ricchezza e dagli esiti delle ricerche condotte con la metodologia della storia orale, dei ricercatori Leonard Ludwig, rispetto al dibattito psicologico attorno all’elaborazione del passato tedesco, ed Elena Pirazzoli, che ha illustrato alcuni approcci artistici e autoriali all’elaborazione delle memorie familiari difficili.

I prossimi appuntamenti, cui è possibile iscriversi on line, saranno dedicati il 21 ottobre 2020 a La rappresentazione dei processi ai Täter con Toni Rovatti (Università di Bologna) e Dunja Nanut (ANED Trieste), e il 28 ottobre 2020 a Quali possibili linee educative a partire da questi temi? con Hans Christian Jasch (già direttore dell’Haus der Wannsee-Konferenz) ed Elena Monicelli (Scuola di Pace di Monte Sole).


L’immagine chiave utilizzata per l’articolo è tratta da Eine eiserne Kassette (Austria/Germania 2018) di Nils Olger


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